mercoledì 21 novembre 2007

Paure

Ogni tanto mi capita di dare uno sguardo alle notizie dei giornali o telegiornali. Rimango basito dalle notizie di violenza che ci propinano regolarmente. Il mondo è solo violenza. L’impressione iniziale a cio è chiudersi in casa e non uscire, perché sembra che la violenza è alle porte della casa. Poi siccome la maturità e le proprie convinzioni sono più forti delle sensazioni mi fermo a pensare.
Ho vissuto in una comunità dove la violenza è sempre stata presente: la povertà, la delinquenza eccetera.
Il nostro piccolo paese aveva dei limiti di territorio, di gente e di comunicazione. 4000 anime confinate in delle montagne sperdute. I pochi contatti erano con i paesi limitrofi Scido, Cosoleto, Santa Giorgia e Lubrichi. Gioia Tauro, Palmi e Reggio Calabria erano gia lontani e molto importanti come città. Come in ogni comunità incontravi i difetti e le virtù, in miniatura, dell’umanità. Quindi le poche notizie sconvolgenti erano limitate a poche migliaia di persone e a pochi avvenimenti.
Questi ultimi erano materiale di discussione, di indagini e riflessioni per dei mesi, finché non scemavano del tutto.
Altra cosa molto importante era il controllo del territorio. Attività espletata da tutta la popolazione. Genitori i controllori della casa, parenti e il resto del paese il resto del territorio.
La sicurezza dei bambini e di tutti gli altri era delegata a tutto il paese. Questa attività era svolta in modo quasi impeccabile. Naturalmente non tutto era oro quello che luccicava, le devianza esistevano, ma rappresentavo un monito per tutti noi su cosa non dovevi fare.
La casa e la strada era la nostra palestra fisica e spirituale. Rispettare la proprietà degli altri e quella comune erano regole inflessibili.
Come tutti i bambini e i ragazzi si tentava sempre di rompere le regole, ma si sapeva che ad ogni causa corrispondeva un effetto, punizione. Un equilibrio di vita civile e interiore. Esisteva un piccolo giardino nella piazzetta antistante la chiesa di Paracorio, che era un fiorire di rose e azalee. Li si osservava la nessuno di noi ragazzi ha mai pensato di oltrepassare il confine stabilito dalla comunità. Erano la e si rispettavano. Tanti anziani seduti sulle panchine erano la guardia permanente di ciò che non si doveva fare.
Questa analisi mi fa capire molte cose. La violenza è sempre esistita dove c’è il genere umano. Un tempo la notizia violenta era nel posto dove vivevi o nei paesi circostanti. La notizia l’acquisivi la metabolizzavi perché il tempo lento serviva anche a ciò. La gente la viveva come un fenomeno traumatico ed isolato. Fatto grave ma innato nella matura umana. Non si vedevano nemici da tutte le parti, si riassettava dallo shock e si continuava la vita. Esisteva un tessuto sociale solidale e reattivo che dava forza e sicurezza.
Adesso abbiamo delegato il nostro vivere quotidiano al grane mostro, che ci dirige, alleva i nostri figli, ci informa e poi ci cura: la televisione. Già anni addietro un delle espressione tipiche era "l’ha detto la televisione" come fosse verità assoluta. E’ in atto negli ultimi anni un sorta di dittatura psicologica. Si è delegata la nostra esistenza alla forza dominante attraverso uno strumento la televisione.
Ogni talk show ha sempre il bravo di turno che ci spaventa ed accanto il buon psicologo che ci rassicura con la sua esperienza, oppure il grande criminologo oppure il grande stratega della guerra.
Ci danno notizie una quantità infinita di notizie violente che succedono a migliaia di chilometri di distanza facendoli sembrare succedono accanto a casa tua. Guarda caso sempre storie di poveri cristi psicolabili , ma stranamente gente comune. Mai qualcuno al di sopra delle parti. Si sviscerano sempre e comunque le miserie della gente di un ambito sociale, ma mai di persone influenti. Strana combinazione.
Tutte queste paure quotidiane trasmesse attraverso questi programmi spazzatura e telegiornali abbastanza seri fanno si che la gente si chiude sempre di più nelle mura domestiche. Niente rete sociale e sempre più isolati. Tanto al resto ci pensa la voce del più forte la televisione. Non può esserci cultura se non c’è dialogo. Ma la cultura non è solo quella appresa attraverso lo studio, è quella determinata dal contatto, dall’esperienza e dal rispetto delle regole.
Le nostre strade sono sempre più vuote, i nostri bimbi sono sempre più insicuri e ammaestrati purtroppo non più da noi.
Forse è ora di riappropriarci del territorio, non delegando agli altri la nostra sicurezza, ma portando avanti le esperienze trasmesse nei secoli dalle nostre comunità.

Nessun commento: