mercoledì 19 settembre 2007

Regole e descrizioni dei giochi della nostra infanzia

Regole e descrizioni di alcuni giochi sono tratti da:

All’ombra dei pini
Costantino Scutellà

Nuove Edizioni Barbaro di Caterina Di Pietro
www.nuoveedizionibarbaro.it

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Broschija

Due o più giocatori. Un pezzo di legno (a mazza) robusto, rotondo e lungo circa 70 cm.. Un altro legno (broschiju) lungo circa 15 cm. E appuntito alle estremità. Piccola fossa sul terreno (marreja)
Sorteggio per chi indica le modalità del gioco : a corpu, a mpizzu, a spada, u biccheri ecc.
Il sorteggiato indica il modo.

A corpu:
u broschiju messo nella marreja, in modo obliquo, viene toccato dalla mazza che lo fa roteare in aria. A questo punto l’abilitò del giocatore sta ne riuscire a colpire violentemente u boschiju con la mazza, in modo da scaraventalo il più lontano possibile. Vince il giocatore che manda più lontano u broschiju. La distanza si misura con la mazza.
A mpizzu
u broschiju viene conficcato per una punta al bordo della marreja. Si colpisce violentemente con la mazza. Vince chi manda più lontano u broschiju.
U biccheri.
Si adagia u broschiju sopra il pugno chiuso della mano controlaterale e quella che tiene la mazza. Si butta in alto e con la mazza si colpisce.
A spada
Si mette u broschiju dietro alla mazza, chiusa nel pugno, si butta in aria u broschiju e si colpisce con la mazza.

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Palorgiu (trottola)
Avvolto nella lazzata (cordicella) si scaraventa a terra u palorgiu (la trottola di legno), a corpu ( scaraventato con un colpo secco, a tiralazzu (facendo sfilare meno violentemente a lazzata). A corpu poteva essere tirato a corpu supra (con la punta rivolta verso l’alto, e a corpu sutta col la punta rivolta verso il basso. Mentre u palorgiu gira lo si prende sul palmo della mano, facendolo passare con destrezza tra l’indice ed il medio, e si apprezza o meno la bontà del palorgiu: se mangia, lo si sente pesante; se invece non mangia, si sente leggero e ndavi a pinna (leggero come una piuma).
U palorgiu più grande degli altri , con una punta grossa, viene definito cardara.
U palorgiu più piccolo viene definito pirogina.
Il gioco più caratteristico è quello del cerchio.
Due o più giocatori mettono al centro del cerchio una moneta oppure uno stuppaijo (turacciolo a corona) che bisogna porta fuori colpendola col la punta del palorgiu. Il giocatore che riuscirà a portare fuori dal cerchio la moneta, ha diritto a dare le pattuite picunate (colpi con la punta del proprio palorgiu a quello dell’avversario) con l’obbiettivo di spaccarlo.
Altra variante del gioco è di mettere u palorgiu dei giocatori al centro del cerchio. In questa variante il gioco era più divertente perché si poteva colpire il palorgiu dell’avversario centrando col il tiro.
La cattiveria dei bambini era sempre di avere due palorgi a disposizione quello con la pinna (cioè più calibrato) per il tiro, quello per dare le picconate con la cardara.


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singa
Numero indefinito di giocatori. Si traccia sul terreno una singa (due linee perpendicolari della lunghezza di 80 cm)
Tutti sono in possesso di una moneta , oppure la variante più povera i stuppaiji (turaccioli). Da una distanza prestabilita, ognuno la tira, cercando di farla avvicinare sempre più al punto d’incidenza della singa. Il modo come lanciare viene stabilito la prima volta dal giocatore che è stato sorteggiato, poi successivamente da chi è stato il primo. Queste erano definite in base alla posizione del giocatore e dal modo che veniva lanciata la moneta o stuppaiju.
In base alla posizione:
A ncùcchjiu (a piedi uniti)
All’ancata (con una gamba piegata in avanti)
Gàngila (in piedi; una gamba piegata in modo che un piede poggi sul ginocchio dell’altra gamba e e la moneta (o u stuppaijo) viene lanciata attraverso lo spazio che si crea tra le due gambe)
Ngja ( gambe divaricare, con piegata laterale).
In base al lancio della moneta.
A firriu (la moneta o stuppajio veniva presa dall’indice e pollice e si faceva roteare per centrare. O cilu ( la moneta veniva fatta rotolare)
? altro termine che non mi viene in mente
La classifica viene definita a seconda dalla distanza della propria moneta o stuppaiju dalla singa.
Chi si avvicina di più prende tutte le monete, i scrusci (le sbatte trar le mani provocando il tipico rumore) e poi le getta a terra. Ogni moneta o stuppaiju che mostra (esti) la tesa sono di sua proprietà. Il resto (non esti) viene lasciato al secondo che ripete la stessa oprazione.
Quando rimane una sola moneta viene firrijata (fatta roteare) in aria.

Le stesse regole valevano quando si usava anziché la singa il muro di una casa che dava sulla strada.

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Battimùru

Due o più giocatori, a turno, fanno battere sul muro una moneta di loro proprietà. Il giocatore che manda la moneta vicino a quella dell’avversario, s’impadronisce della stessa. La distanza tra una moneta e l’altra deve rientrare in una misura precedentemente concordata fra tutti i giocatori. Denomina busca (circa 18-20 cm. di qualsiasi materiale reperito sul campo)

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Manna
Due squadre formatela diversi (da 2 a 5) elementi ciascuna.
Sorteggio per chi ncozza sutta.
La squadra sorteggiata ncozza sutta (si dispone in fila a forma di treno, con la schiena abbassata e la testa incuneata tra le gambe del compagno che lo precede). Il capofila appoggia le mani e la testa sulla mamma, elemento neutrale che sta seduto e regola il gioco, quando non c’è si appoggia al muro. L’altra squadra salta in groppa ai malcapitati e vi deve rimanere sopra, in equilibrio, senza toccare i piedi per terra, per un tempo precedentemente stabilito.
Se uno dei giocatori si stanca per il peso sostenuto, può dire manna, e tutta la squadra è costretta a scende e prima del tempo stabilito. Il gioco riprende, poi, con le sesse modalità. Se la squadra che sta a cavallo commette infrazioni, la situazione si capovolge: sarà quest’ultima a 'ncozzare e l’altra a montare.

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uno la monta

Numero indefinito di partecipanti al gioco.
Si sorteggia il giocatore sulle cui spalle dovranno saltare tutti gli altri componenti.
Il sorteggiato si dispone in una posizione che lo vede con la schiena ricurva in avanti, testa bassa e mani appoggiate sulle ginocchia, in modo che facciano da sostegno al peso dei giocatori che si alternano a saltare sulle spalle.
Ogni giocatore che salta menziona i numeri ripetendo la seguente filastrocca:

uno la monta
due il bue
tre la figlia del re
quattro lo spazzino
cinque il facchino
sei i pil…….sunnu i mei
sette il tacchetto (a questo punto il saltatore da un calcio al sedere mentre salta)
otto il biscotto
nove passa i caval di mazze e lascia la sua cinta
dieci passa il caval di mazze e riprende la sua cinta.

Il giocatore che sbaglia si menti sutta (si dispone con la schiena piegata), sostituendo il precedente.

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Vìziju
Si tratta del gioco dell’astragalo (osso del tarso del bue simile a un dado con più facce).
Si lancia un viziju e a seconda della faccia che mostra ci sono diverse possibilità: tra le altre c’è quella che permette a chi conduce il gioco di stabilire quanti colpi, quando esce la matta, con un fazzoletto annodato, deve ricevere il perdente.


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Mmuccia
Corrisponde al nascondino.



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Cchiàppa
Al gioco prendono parte diversi elementi.
Il sorteggiato deve rincorrere gli altri partecipanti tentando di raggiungere e prendere (cchjappari) qualcuno.
Colui che è raggiunto e preso a sua volta rincorrerà gli altri.

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Castèja

Due o più giocatori costruiscono dei castelli di noci formati da una base di tre noci o castagne sormontata da altre due. La distanza tra i casteji è determinata dal baju (castagna o noce più grossa usata per il lancio. Si sorteggia per stabilire chi dirige il gioco (indicando la distanza e le modalità del tiro.
Le modalità sono sovrapponibili a quello della singa.
Il giocatore di turno, presa la mira, al grido di ssillarò se resta, lanciava il baju cercando di colpire e gettare la maggior parte di casteja.

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U Campanaru

Gioco per ambo i sessi, consistente nel disegnare sul pavimento (per strada allora) una serie di riquadri col gesso (carbone o pezzettini di mattone) a forma di campanile sul quale bisognava saltellare con un piede nelle celle singole e con due nelle caselle doppie e senza toccare le righe prendendo la pietra o il pezzettino di mattone precedentemente lanciato sulle caselle numerate andando in avanti e poi indietro dai numeri più piccoli a quelli più alti.

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Cili-cili

Si creava un declivio con materiale vario. Si facevano scivolare (cilari, da dove cili-cili) le nocciole una a una. Chi riusciva a far toccare la sua nocciola con altre, entrava in possesso di queste ultime.

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Gronci e ponci, quantu lanci.

Bisognava indovinare quante nocciole o castagne teneva in pugno l’avversario. Se veniva azzeccato il numero se ne entrava in possesso.

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Patri gilormu.

Si tira a sorte in un gruppo di partecipanti, il sorteggiato fa patri gilormu. Il gioco si svolge in una piazza.
Patri gilormu ha la sua casa che è un rettangolo disegnato per terra di misure variabile. Esce dalle linee delimitate, della sua casa, pronunciando la frase nesci patri gilormu e con un solo piede per terra e l’altro piegato deve tenere sempre questa posizione. In mano un fazzoletto annodato rincorre gli altri partecipanti per colpirli.
Se poggia il secondo piede per terra gli altri incominciano a colpirlo finché non si rifugia nella sua casa.
Se colpisce uno dei partecipanti automaticamente diventa suo figlio e ambedue rientrano a casa.
Quando escono tutte e due patri gilormu deve sempre pronunciare la frase nesci patri gilormu cu so fighiju e il nome del prigioniero sempre con un piede appoggiato per terra. Il gioco finisce quando tutti i partecipanti diventano figli di patri gilormu.

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Chiappa e libera
Si formavano delle squadre (da 3 a 5) , la squadra sorteggiata si appropriava della casa.
Da qesta partivano a catturare gli altri toccandoli solo. Ognuno prigioniero era portato in casa e sorvegliato da alcuni componenti della squadra, mentre i rimanenti procedevano alla cattura degli altri. Si sorvegliava i prigionieri perché glia altri liberi potevano liberarli solo toccandoli.
Finiva quando tutti erano catturati.
Così si iniziava un’altra partita con un’altra squadra.

Chiappa e mmuccia

U schiaffettu


U cucuzzaru

I quatretti

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